The Striping Project è un progetto che nasce dalla volontà di voler sperimentare le varie potenzialità del mezzo fotografico e allo stesso tempo di sfruttarle appieno per poter trovare il modo più efficace per rappresentare una visione ampia del mondo che ci circonda.

La fotografia è infatti uno degli strumenti più importanti che abbiamo a disposizione per rappresentare ciò che vediamo, ed è quello scelto da Fabiana Zanola come mezzo di espressione artistica del suo mondo.
La fotografa tuttavia trova nella bidimensionalità del mezzo un limite, un impedimento al suo desiderio di rappresentare il mondo come viene realmente visto dall’occhio umano.
Ed è da ciò che inizia la sua ricerca artistica e le prime sperimentazioni con la tecnica della sovrapposizione.

Il perfezionamento di questa tecnica con l’aggiunta del tocco personale e dell’interpretazione artistica di Fabiana hanno dato forma a questo modo innovativo di fare fotografia, soprannominato da lei stessa ‘striping’, inglese per ‘fare a strisce’.

Il risultato di questo percorso di sperimentazione sono le fotografie presentate in questa mostra, le quali sono un chiaro esempio di come utilizzando questa procedura si possano ottenere delle immagini che ci presentano una visione più estesa e quasi tridimensionale dei paesaggi immortalati.
Si potrebbe dire che queste opere sono quasi più realistiche rispetto al metodo tradizionale di fare fotografia poiché, nonostante la loro parvenza astratta e surreale, si avvicinano maggiormente al nostro modo di vedere e vivere un luogo, un paesaggio.

Fondamentale per la realizzazione di questo progetto è l’utilizzo della macchina fotografica analogica, non solo perché essa permette di realizzare gli scatti sovrapposti in modo più autentico, ma anche perché in linea con i temi e le idee fondanti del progetto. Infatti, nella fotografia analogica come nella vita il risultato delle nostre scelte, dei nostri tentativi e dei nostri scatti è incerto.

Un altro dei temi portanti di questo progetto è il viaggio, ‘trip’ in inglese, contenuto appunto anche nel titolo stesso sTRIPing.

Carlotta Clerici

The Striping Project – Chapter 1: Venice

Perché Venezia?
Si comincia dalla base, dalle radici, da ciò che è stato.
Da chi mi ha dato la vita, me l’ha complicata e poi semplificata, mi ha formato nel bene e nel male, poi mi ha lasciato andare.
Poi è andato.

Venezia è una tomba, enorme a cielo aperto.

È il luogo dove si percepisce la marcescenza, il passato, l’oblio è vicino tanto quanto vicina è la bellezza ai massimi livelli.È un luogo sur-reale, una costruzione umana che tende al divino, racconto di come la materia può trascendere la sua natura di elemento inanimato attraverso l’immaginazione del visionario unita alla fatica del costruttore e alla fede dell’uomo di spirito.

E’ il luogo – sporco, malsano e disagevole – dell’incanto.

È la città più amata dai miei genitori, dove entrambi sono ritornati quando hanno saputo (mamma nel 1993 e papà nel 2015) che la malattia era incurabile e la morte prossima, e dove papà ha scelto di essere disperso.
Nell’acqua di Venezia, che diventa canale, spruzzo, onda, mare aperto, oceano.
Per me Venezia è esercizio di approfondimento sul sentire attraverso lo sguardo: ho cercato le forme che manifestano la nobiltà vecchia, sporca e logora di questo luogo tanto amato

Ho cercato la materia rotta, testimone di ciò che è stato meraviglia e ricchezza.
Ho cercato le contraddizioni, i dettagli funzionali antiestetici, ho aspettato in solitudine che l’incanto mi pervadesse.

Quando mi sono persa, e ho trovato papà.

The Striping Project – Chapter 2: London

Londra è il luogo dell’indipendenza e della scoperta del mondo.
Della trasgressione e dell’incontro dell’altro-da-sè.

É l’amore della prima maturità, un ragazzo di 17 anni che suona la chitarra con gli occhi blu, il profilo perfetto e il sorriso irresistibile e ingannevole, che ti guarda da lontano solo per capire l’effetto che ti fa.
É l’amore più assoluto e lacerante per cui tu senti che faresti tutto, che però non ti accoglie, non ti consola e non ti vuole.

L’oggetto sublime del desiderio, sempre adorato e mai raggiunto, mentre il tempo passa pensando a quello che ti stai perdendo mentre ti strafoghi di tutto quello che incontri.
É lei, la città più bella del mondo, che non sono mai riuscita a fotografare come si deve perché non si può contenere tutta quella bellezza in un’immagine. Perchè non ci ho mai vissuto, anche se avrei voluto.
Solo per un po’.